In un mondo che ogni giorno diventa sempre più globalizzato e digitale, sono tanti i casi di aziende che sono costrette a passare il testimone e a chiudere per sempre i battenti.
Tra i motivi che hanno portato alla chiusura di alcune aziende, più o meno grandi, in molti casi c’è proprio l’impossibilità di essere al passo coi tempi e di finire surclassati da quelle che sono le tecnologie e i trend del momento.
Un esempio di ciò che è stato appena detto, è la chiusura per bancarotta di uno dei marchi che fino ai primi anni 2000 era tra i più apprezzati in tutti gli angoli del mondo: Blockbuster.
Le origini di Blockbuster
Alle origini del successo di Blockbuster, come spesso accade per le grandi aziende, c’è una storia di rivalsa e di riscatto. Il fondatore David Cook, infatti, decise di entrare nel business del videonoleggio dopo aver perso il lavoro per via della grande crisi petrolifera che colpì gli Stati Uniti nel 1973.
Cook, sostenuto dalla moglie, apre il primo punto vendita a marchio Blockbuster nel 1985 a Dallas, nello stato del Texas. L’azienda prese nome da un tipo di bombe di grandi dimensioni, ma nel corso degli anni venne traslato in ambito commerciale per descrivere eventi in grado di far saltare (dall’inglese to bust) la concorrenza.
Il successo di Blockbuster, rispetto agli altri videonoleggi, stava nella grande scelta che veniva offerta alla clientela e nel tipo di organizzazione che, attraverso l’uso di barcode e tessere di acquisto, permetteva di accelerare i tempi di noleggio di una videocassetta.
Le videocassette, inoltre, erano messe in bella vista e non stipate nei magazzini come si usava fare in quegli anni.
Vendita e boom
Il grande successo di Blockbuster, che nel frattempo contava su diversi negozi in tutto il paese, portò Cook nel febbraio del 1987 a vendere un terzo della società alla Waste Management Inc. per circa 18,6 milioni di dollari.
Cook, dopo appena tre mesi dalla cessione di un terzo della sua azienda, decise di lasciare definitivamente il progetto per via di alcune frizioni con uno dei nuovi investitori, Wayne Huizenga.
Nel 1994 c’è un nuovo passaggio di testimone con il gruppo Viacom che decide di acquistare la società Blockbuster per 4,8 miliardi di dollari (pensando di poter migliorare la produttività aziendale e risanare l’azienda).
Finisce quindi ufficialmente l’era Huizenga e inizia un periodo che porterà al fallimento dell’azienda.
La bancarotta, in Italia è riconosciuta come un reato penale, è tra le cause principali che portano alla chiusura definitiva delle aziende con tutte le conseguenze che ne derivano.
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La crisi di Blockbuster
A causa della concorrenza sempre più agguerrita e della comparsa delle prime televisioni via cavo e satellitari, che offrivano la possibilità di vedere film on demand, Blockbuster entra in un periodo di crisi che porterà, nel settembre del 2010, alla bancarotta per debiti di circa 900 milioni di dollari.
Nell’aprile dell’anno successivo, la Dish Network si fece avanti e rilevò l’azienda per 320 milioni di dollari con l’impegno di saldare gli ultimi 87 milioni di passività.
I tentativi di rilanciare l’immagine del marchio furono però vani visto che, solo dopo due anni e mezzo, vennero chiusi gli ultimi 300 punti vendita ancora esistenti negli Stati Uniti.