Quando si parla di aria compressa e di distribuzione di aria compressa si sta identificando da una parte una fonte di energia e dall’altra il sistema che permette a questa energia di dare avvio a processi industriali di vario tipo.
L’aria compressa è riconosciuta da tutti come energia pulita e conveniente per un fondamentale quanto palese motivo: la materia prima è l’aria dell’ambiente, aria che viene per l’appunto compressa e ottimizzata per una resa industriale attraverso una serie di processi standardizzati. È facile comprendere il perché i sistemi ad aria compressa siano tanto diffusi e scelti nella piccola e media industria e nelle officine: usano la stessa aria che respiriamo, quel gas naturale che circonda ogni fabbrica e officina e che, quindi, circonda l’impianto che in seguito produrrà il suo stato di “aria compressa”.
Quanti impianti ci sono oggi in Italia? Oltre 200.000 unità.
L’aria: carta di identità di una materia prima
Come suddetto, l’aria intorno a noi è un gas naturale in cui sono miscelati diversi elementi in differenti percentuali: c’è l’ossigeno, che serve alla nostra vita, e rappresenta il secondo elemento per quantità (circa 21%). C’è l’azoto, il primo e più abbondante elemento presente (circa il 78%). Ci sono poi argon, anidride carbonica e altri elementi in minima quantità. Ci anche particelle solide (polveri) e altri componenti in sospensione. Quando però si indicano le percentuali di molecole di ossigeno, azoto, anidride carbonica e argon si fa riferimento non all’aria che respiriamo normalmente quanto all’aria “secca”, cioè aria pura senza acqua (o in altre parole senza l’umidità naturalmente presente negli strati più vicini al livello del mare).
Possiamo dire che l’aria così come la conosciamo è una “materia prima”: affinché diventi “energia”, occorre che sia filtrata, deumidificata e infine portata a pressioni più alte del solito e distribuita.
La distribuzione di aria compressa è un’energia pulita?
Sì. L’aria compressa è fra i tipi di energia più usati nell’industria e i tre motivi sono così intuitivi che non necessitano particolare argomentazione:
- l’aria è una materia sempre reperibile
- l’aria è una materia a costo zero
- l’aria è una materia prima pulita
Inoltre, l’aria compressa è accumulabile e trasferibile, caratteristiche che ogni energia deve avare perché sia sfruttabile.
La distribuzione di aria compressa è identica in tutti i settori?
No, non lo è. I settori in cui viene richiesto un impianto che produca, stocchi e distribuisca aria compressa sono innumerevoli, sia a livello di grande che di piccola azienda.
Eccone un piccolo elenco: auto motive, metallurgia, movimentazione, pneumatica, trasporto merci, industria alimentare.
Nei differenti settori industriali troviamo singole applicazioni come asciugatura, alimentazione di attrezzi, imbottigliamento, presse, spruzzatori, stampaggio, imballaggi.
Facciamo degli esempi più specifici in cui è distribuita l’aria compressa di diversa tipologia (per qualità del gas e pressione): nel settore alimentare l’aria compressa è distribuita per far funzionare il trasporto pneumatico delle materie prime.
Ma l’aria compressa (di diversa qualità) è anche impiegata nell’aerazione industriale della fermentazione di prodotti alimentari (come birra e yogurt) oppure nella produzione farmaceutica di antibiotici. La casistica di applicazioni è incredibilmente vasta.
E va aggiunto che ogni distribuzione di aria compressa consuma energia in modo differente, e usa pressioni e qualità differenti di aria; in conclusione, ogni azienda ha bisogno di un impianto di distribuzione di aria compressa ottimizzato sulla base delle specifiche esigenze.
Distribuzione aria compressa: l’aria si trasforma in energia
Cosa accadde quando l’aria è risucchiata dall’esterno e viene trattata da un impianto che la trasforma in aria compressa?
- Partiamo dal cuore del sistema: il compressore. Ogni compressore aspira l’aria esterna e con essa cattura anche impurità e l’umidità.
Il compressore, possiamo dire, è l’elemento “madre” di ogni impianto”, senza il quale non si potrebbe attingere all’aria.
In genere gli impianti industriali utilizzano un compressore di tipo a vite, performante per un lavoro fluido in varie condizioni e più silenzioso rispetto ad altri modelli.
- l’aria aspirata deve confluire in un “polmone” dove essere stoccata e usata al momento necessario, entrando nella rete di distribuzione con il livello di pressione desiderato.
- L’aria che respiriamo è la materia prima, ma non l’energia utilizzabile dall’impianto: perché essa diventi tale deve va purificata da un sistema di filtri. La filtratura non è uguale per ogni impianto, perché in base all’uso che si fa dell’aria compressa occorre un livello di depurazione differente. Tornando agli esempi già citati, l’aria compressa usata per far tappare le bottiglie ad una imbottigliatrice necessita di uno standard inferiore di quello usato per l’aria compressa di un’industria farmaceutica che fa antibiotici.
Da cosa si depura l’aria? Da particelle solide (pollini, polvere e via discorrendo), idrocarburi, metalli, batteri, nonché umidità.
Infatti, l’aria deve essere anche essiccata: è necessario che l’aria compressa sia secca perché l’acqua condensata creerebbe problemi nei tubi e nelle attrezzature.
Si pensi che un compressore che aspira 10 metri cubi al minuto dall’esterno ed emette 1 metro cubo di aria al minuto nel sistema, produrrà un metro cubo di aria che ha ben 100 g di vapore acqueo.
Per eliminare questo vapore si può intervenire in due modi alternativi: con la refrigerazione oppure con il sistema di assorbimento.
La quantità di acqua presente nell’aria compressa è chiamato “punto di rugiada in pressione” (PDP).
Gli scarti dell’aria atmosferica (acqua e residui) devono essere poi smaltiti, tramite i sistemi appositi. Si adottano differenti tecniche e strumenti, in cui trova una sua valida funzione anche il carbone attivo.